Dobbiamo temere l'influenza degli altri sul nostro comportamento? Oppure comprendere i meccanismi profondi di questa influenza può aiutarci a metterla a frutto, rendendoci sempre più autonomi nelle scelte?
Dobbiamo temere l'influenza degli altri sul nostro comportamento? Oppure comprendere i meccanismi profondi di questa influenza può aiutarci a metterla a frutto, rendendoci sempre più autonomi nelle scelte?
Il neuropsichiatra francese Jean-Michel Oughourlian ha teorizzato l’esistenza, accanto a un “cervello razionale” e a un “cervello emotivo”, di un terzo stadio della nostra mente: un “cervello mimetico” e connettivo. Oltre al calcolo e all’emozione, ogni passaggio all’atto implica questa potenzialità: le nostre azioni innescano sempre reazioni. La questione è casomai saper dar luogo a triggers che inneschino azioni positive per gli altri e per sé.
Partendo dalle ricerche di René Girard – influente antropologo di Stanford, tra i cui allievi figura il cofondatore di PayPal, Peter Thiel – Oughourlian ipotizza che il terzo cervello abbia la funzione di farci entrare in risonanza plastica con gli altri esseri umani, influenzando positivamente le loro scelte e lasciandosi (laddove le si valuti altrettanto positivamente per l’organizzazione) influenzare.
Il mimetismo, spiega Oughourlian, è un movimento spontaneo che non riduce, ma al contrario, rende più intensa e relazionale la libertà. Si stabilisce infatti fra esseri umani al momento della nascita e continua per tutto il resto della loro vita. Non smettiamo mai di imitare gli altri, non cessiamo di prenderli a modello e, se siamo leader, abbandoniamo gli abiti passivi e ne costruiamo di nuovi, diventando per gli altri un modello esemplare.
Traslando questa intuizione dalle neuroscienze a un organigramma aziendale, possiamo sostenere che questo “terzo cervello” corrisponde al livello executive del management. A questo livello, infatti, razionalità ed emozione sono necessarie, ma sempre in funzione di azione ed esemplarità dell’azione.
Queste tre fasi – ragione, emozione, azione – sono costitutive della qualità di un leader. I modelli di leadership, oggi, stanno passando da modelli lineare a modelli reticolari e complessi. La struttura del comando, si è compreso, non è più di tipo binario e lineare, ma è un processo. Scott Galloway della New York University osserva come alla base di un’organizzazione aziendale realmente virtuosa vi sia la lealtà. Ma a che cosa siamo davvero leali? All’organizzazione o agli uomini che la guidano? Osserva l’autore del best seller The four. The hidden DNA of Amazon, Apple, Facebook and Google, che è verso questi ultimi, i leader, alla concretezza delle loro decisioni e all’esemplarità delle loro scelte, più che all’astrazione organizzativa, che siamo leali. Lo siamo nella misura in cui quei leader sanno implementare le loro capacità di social influence esecutiva, organizzativa e personale. Lo siamo in funzione della possibilità di “imitarli”.
Bibliografia
Hougarrd, R. e Carter, J.
Oughourlian, J.- M.